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Stress & carico mentale femminile

Per stress (potete trovare qui i nostri approfondimenti) si intende una “risposta” che il nostro organismo mette in atto sollecitato da un dato stimolo. Partendo da questo presupposto qualsiasi evento, azione, scopo, obiettivo o compito può essere causa di potenziale stress. Il livello dello stress esperito dipende dalle caratteristiche del compito, dalla sua importanza, così come dalle capacità e dalle risorse dell’individuo chiamato a rispondere a quella data situazione. Il carico di stress provato in una data circostanza sembra condizionare anche il risultato della nostra performance. Gran parte di questo legame sembra dovuto all’impegno cognitivo, che un dato compito ci richiede. Ovviamente tutte le nostre azioni hanno bisogno di un investimento cognitivo affinché vengano portate a termine, ma le nostre risorse in tal senso non sono infinite.

Molti studi si sono interessati a valutare il carico mentale necessario per portare a termine determinati compiti. Soprattutto in contesti lavorativi si è evidenziato come sia fondamentale che il livello di stress nato dalla performance si mantenga stabile su livelli intermedi. Questo perché livelli di stress troppo alto risultano eccessivamente gravosi per gli individui limitando così l’impegno e peggiorando il risultato. Al contrario livelli troppo bassi di stress, lavori eccessivamente ripetitivi o noiosi, spingerebbero l’individuo ad abbassare la sua soglia dell’attenzione, favorendo la distrazione e finendo per peggiorare l’esito della performance.

Ma non è solo nell’ambiente lavorativo che è possibile sperimentare carichi mentali troppo elevati. Dalla prima metà degli anni ’80 la sociologia ha iniziato a considerare il modo in cui di fatto anche le azioni quotidiane contribuiscano a gravare sul carico mentale degli individui: in particolare delle donne.

Il carico mentale femminile sembra essere il risultato di una riforma sociale ancora troppo limitata alla teoria, un welfare poco sensibile alle necessità reali delle famiglie e una fiducia illimitata e poco realistica nelle proprie capacità di multitasking.

Non è un luogo comune quello per cui sono le donne, soprattutto quelle lavoratrici a dover accrescere a dismisura la propria agenda di impegni. Impegni domestici, di accudimento, di organizzazione e gestione si sommano a quelli “standard” relativi alle richieste lavorative e di gestione di sé, quest’ultima spesso ridotta drasticamente.

La parità di genere, di cui tanto si parla nella teoria, fatica ancora a manifestarsi nella pratica, nella quotidianità di molte famiglie. È sulla componente femminile che ricadono solitamente le richieste di gestione della casa, di gestione degli eventuali membri del nucleo famigliare non autosufficienti (bambini o anziani), di organizzazione, che da soli basterebbero a creare un buon carico mentale ma che solitamente sono aggiunti alle richieste e alle esigenze lavorative.

Si tratta di carico mentale domestico e sottintende il doppio lavoro che molte donne svolgono, spesso dandolo per scontato e che contribuisce a creare un importante carico cognitivo potenzialmente portatore di forti vissuti di stress.

Non è un caso se molte sperimentano vissuti di forte stanchezza fisica e mentale, insoddisfazione e spesso ansia.

Ogni compito, dicevamo, porta con sé un carico cognitivo, ma le nostre risorse non sono infinite ed è quando pretendiamo troppo che i vissuti di stress iniziano a condizionarci e limitare la nostra motivazione e soddisfazione.

  • Perché questo avviene? Perché il carico mentale sembra essere una prerogativa femminile?

Molto dipende dagli stereotipi di ruolo, che vedono ed impongono la donna come unica responsabile delle attività domestiche. Molto sta cambiando nelle società occidentali, ma questi cambiamenti necessitano più tempo per mutare nella pratica di quanto non ne abbiano bisogno nella teoria. In molti casi ci si limita di fatto alle parole, che di rado si concretizzano in azioni vere e proprie.

La concezione che le donne siano più portate e quindi quella più brave nel gestire le faccende domestiche e nel metterle in pratica è dura a morire. Benché non esistano informazioni genetiche provate relative all’abilità di passare l’aspirapolvere, anni di stereotipi hanno convinto anche molte donne, che questa sia proprio la realtà. Questo porta una sorta di resistenza alla delega. Anche chi rifiuta l’immagine di angelo del focolare è spesso portata a pensare di essere più abile della propria controparte maschile nelle faccende domestiche, preferendo non delegare per ottenere un risultato migliore.

Non delegare, assumersi moltissime responsabilità, credere che nelle proprie infinite abilità di multitasking, rinunciare agli spazi personali utilissimi per alleggerire la percezione dello stress, non sorprende che con queste premesse il carico mentale esperito raggiunga potenziali livelli stressogeni, la soddisfazione per la nostra quotidianità si abbassi, i vissuti di ansia e stress siano all’ordine del giorno.

  • Allora come fare?
  1. Comunicate con chi vi sta attorno, delegate, date la possibilità a chi vi aiuta di sbagliare, la pratica rende perfetti. Chiedete aiuto senza sentirvi sminuite per questo. Accettate altri stili di gestione, non esiste un’unica strada.
  2. Ritarate le vostre aspettative: siate realistiche, non riuscirete a fare tutto e non perché siete meno brave delle altre ma perché siete umane. Non avete infinite capacità cognitive, nessuno le ha.
  3. Non siate troppo rigide con le vostre tabelle di marcia e la vostra organizzazione, ricordatevi che si tratta di regole scritte da voi, non imposte da una qualche divinità, sono modificabili, plasmabili intorno alle vostre esigenze senza che questo causi conseguenze nefaste.
  4. Ritagliatevi uno spazio per voi. Intoccabile. Sempre.

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