
Il banco di prova per le coppie: diventare genitori.
Il fallimento di una relazione è quasi sempre un fallimento di comunicazione.
(Zygmunt Bauman)
Diventare genitori, assumere il ruolo di madre e di padre comporta un grande cambiamento a livello personale e della propria identità. Le dinamiche della coppia di genitori cambiano inevitabilmente. Il cambiamento non è di per sé qualcosa di negativo. Certo può dare esiti molto diversi a seconda di dove avviene. È, tuttavia, indiscutibile, che avere un figlio, sia un banco di prova enorme per tutte le coppie.
I partners devono affrontare e gestire, il passaggio dall’essere in due a diventare tre, dall’essere una coppia a diventare una famiglia. Viene necessariamente rivista l’organizzazione pratica, ma anche le dinamiche tra i genitori. I figli irrompono nella struttura della coppia modificandola e ridefinendo ruoli e relazioni.
La quotidianità si stravolge, il tempo trascorso insieme si riduce, così come gli aspetti romantici del rapporto. La sessualità cambia se non subisce una battuta di arresto. Gli scambi tra i partners si riducono o si limitano alle pratiche di cura.
Bisogna specificare che i figli non guastano con la loro sola venuta dei rapporti solidi e soddisfacenti, non trasformano una coppia che funziona in una che non funziona, piuttosto esasperano e portano alla luce difficoltà già esistenti prima della loro nascita.
Certo è che se le basi della relazione precedentemente erano fondate su solidarietà e complicità l’adattamento genitoriale sarà migliore. Ma le difficoltà relazionali dei partner possono essere precedenti la gravidanza oppure avere origine proprio dalla scelta di avere un figlio. Non per entrambi, infatti, questa scelta può avere avuto la stessa importanza. Uno dei partner può essersi sentito in qualche modo spinto a fare questa scelta e ora reagire male al ruolo e alle responsabilità che deve affrontare.
All’origine di una situazione conflittuale possono esserci anche delle aspettative disattese. Ciò si verifica soprattutto riguardo alla suddivisione dei compiti domestici e di cura. Il coinvolgimento e l’impegno divisi al 50% tra i genitori, tanto auspicato in teoria, si verifica di rado nella realtà. La popolazione dei padri, infatti, si dimostra molto eterogenea per quanto riguarda il loro coinvolgimento nella routine famigliare.
I figli portano oltre che estrema gioia, fatica fisica, restrizioni sociali, mancanza di tempo per sé e tutti questi aspetti gravano solitamente in maniera maggiore sulle madri.
Soprattutto nei primi mesi i padri vivono il passaggio all’essere genitori in maniera meno totalizzante rispetto alle partners. Non avendo vissuto l’esperienza del parto non devono fronteggiarne le eventuali conseguenze fisiche o emotive. Il congedo parentale paterno è limitato. Le loro giornate proseguono senza molti cambiamenti. Molti non modificano né riducono le proprie uscite o le proprie abitudini. Il loro coinvolgimento nella realtà genitoriale e di cura rimane relegato a una minima fascia temporale.
Le madri possono sentirsi sole, possono credere di non ricevere il dovuto supporto, possono esperire una totale e netta separazione tra sé stesse e il partner.
Dall’altra un padre che non capisce fino in fondo quello che sta passando la partner. Che vede la sua possibilità di stare a casa con il bambino come un’occasione di riposo. Che non capisce la frustrazione e lo sconforto che si può provare trascorrendo le giornate completamente sole con un neonato.
Bisogna comunicare. Spiegare apertamente e onestamente al partner il proprio punto di vista. Manifestare le proprie frustrazioni, paure, stanchezze. Non dare per scontato che l’altro le conosca o che non le condivida. È importante creare coesione e comunione di intenti tra i genitori. Quello che conta è non abbandonare la dimensione di coppia. È fondamentale ritagliarsi uno spazio di tempo, anche breve, ma frequente in cui non essere genitori ma coppia.
Un momento al di fuori dei ruoli genitoriali così da poter dare stimolo e spunti all’unione stessa che poi è la base della famiglia.




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