Diventare madre tra realtà e stereotipi: il pericoloso concetto dell’istinto materno e le difficoltà dei primi mesi.
Diventare genitori è per molti un sogno che si realizza, spesso dopo molti mesi e tanti tentativi. Può essere una scelta sofferta, che ha richiesto tempo, un sogno che si è inseguito per anni, un pensiero che è stato sempre presente e che si è alimentato con immagini spesso poco concrete ed irrealistiche. Ma ora che ci siamo veramente spesso niente è come ci sia aspettava. È indubbio che nella coppia genitoriale colei
che, soprattutto all’inizio, paga il prezzo più alto sia la madre. Le neomamme nei mesi subito dopo il parto vivono una condizione nuova e potenzialmente difficile che mette in discussione tutta la loro vita così come la conoscevano e possono sentirsi in balia di qualcosa che potrebbe travolgerle da un momento all’altro.
Le difficoltà durante i primi mesi della maternità sono sottostimate, se non ci sono state complicazioni mediche le dimissioni dall’ospedale avvengono in brevissimo tempo e non per tutte questo è un fatto positivo perché una volta a casa si deve organizzare la propria vita senza avere, o sentire di avere, le risorse per farlo. Questo momento è molto delicato e potenzialmente molto critico.
Soprattutto nei primi mesi è possibile sperimentare una serie di sintomi fisici, non rilevanti da un punto di vista medico, ma debilitanti per la donna e la sua ripresa: tra i più comuni la stanchezza e la privazione del sonno, che sono spesso accompagnati da possibili disagi come i disturbi sessuali, la mancanza di supporto adeguato, la fatica per le cure al bambino, la mancanza delle cure verso sé stesse, possibili sentimenti di solitudine.
La maggior parte delle neomamme ha esperito un’esperienza simile entro i primi sei mesi di vita del proprio figlio e alcune di loro anche per periodi più lunghi e ciò che dichiarano sia pesato loro di più sono le indicazioni scarse o irrealistiche ricevute sui comportamenti da tenere, sui proprio possibili cambiamenti fisici e sui tempi di ripresa.
Sviluppare aspettative realistiche in merito alla situazione che andiamo ad affrontare non solo ci prepara mentalmente a ciò che c’è da fare ma ha anche un effetto benefico da un punto di vista emotivo, riduce i sentimenti di inadeguatezza o di scoramento e quindi riduce il rischio di dover affrontare disturbi depressivi di varia entità. È tuttavia ancora molto difficile avere delle informazioni realistiche e complete rispetto la maternità e questo porta molte donne ad arrivare impreparate all’esperienza del postparto e a sentirsi inadeguate quando sperimentano sentimenti negativi riferiti alla loro condizione di madre.
Questo dipende in parte anche dai pregiudizi relativi alla maternità e diffusi a vari livelli della società, che definiscono questa esperienza solo parzialmente basandosi su assunti poco verificabili nel concreto. Uno degli stereotipi più diffuso e rischioso è quello dell’istinto materno. L’istinto materno è comunemente considerato come quella spinta naturale, che dovrebbe cogliere esclusivamente le donne, a procreare. Vi sono molteplici ragioni per cui questo concetto è molto rischioso: in primis proprio perché presuppone, che la sua mancanza in una donna sia sinonimo di qualcosa che non va, in seconda battuta perché considera soggette a una spinta riproduttiva inevitabile e non posticipabile solo le donne. Gli uomini ne sarebbero immuni e questo ha non poche implicazioni in quella che è la ripartizione dei compiti di accudimento una volta diventati genitori. Una spiegazione così grossolana dell’istinto riproduttivo su base biologica innata ne sottolinea e considera solo gli aspetti positivi, tralasciando la realtà esperita dalle madri, che è composta anche da sentimenti negativi ugualmente forti, col risultato di far sentire sbagliate e in colpa le madri in un momento per loro di grande fragilità. Considerare solo gli aspetti positivi della maternità: vedendola come unica e più importante occasione per la donna di crescita sociale e di maturazione personale accresce pericolosamente il divario tra quelle che sono le speranze e quella che è la realtà, tra le aspettative sociali e i vissuti concreti delle madri. È ancora un tabù ammettere che la maternità non sia un’esperienza esclusivamente positiva. Non è tuttavia ignorandone o minimizzandone gli aspetti negativi che si impara a far fronte alle possibili difficoltà incontrate. Le neomamme dovrebbero essere messe in condizione di vivere questo periodo appieno perché si tratta di un momento fondamentale per la corretta acquisizione delle competenze genitoriali, per la creazione di una soddisfacente relazione col loro bambino e per porre le basi di quella che è la loro famiglia appena nata.
Se si sta vivendo un momento di difficoltà spesso accompagnato da sentimenti di solitudine, è importante che le madri non pensino di essere sole, si confrontino, cerchino nell’ambiente il supporto necessario a riequilibrarsi nella loro nuova dimensione, trovando il proprio personale equilibrio genitoriale senza ispirarsi a prototipi e modelli che di concreto hanno ben poco.